Nessuna Categoria

Oltre l’emergenza

Un’emergenza è un’emergenza.

E non riguarda solamente le persone anziane o vulnerabili. Riguarda tutte e tutti noi, perché la “vita civile” ha senso solamente se delle persone più deboli ci prendiamo cura, se loro salvaguardia e la loro protezione diventano un problema collettivo.

È un momento difficile, forse il più difficile da quando abbiamo avviato questa attività. Ed è un momento drammatico per l’intero Paese. Se questa storia ha una morale, un qualcosa da insegnarci, è che siamo una comunità. Siamo strettamente legati tra di noi, e il destino dell’altro ci riguarda, di più: il destino dell’altro è il nostro destino.

Non so ancora se Villa Lavinia resterà aperta o se chiuderemo per un po’, ma voglio rivolgere un grande, grandissimo abbraccio – nell’unica forma possibile, cioè quella virtuale – a tutti gli amici e le amiche delle zone più colpite che in questi anni sono venute a trovarci, a tutte le persone che soffrono per la malattia; ai colleghi e alle colleghe e più in generale a tutte le persone improvvisamente catapultate in uno stato di crisi e di incertezza lavorativa. Più saremo responsabili e solidali e prima ne usciremo.

Stamattina, all’alba, mentre mi ricavo a Villa Lavinia con un vassoio di cornetti caldi in mano, uno splendido arcobaleno, esteso e perfetto, sormontava ed incorniciava la mia città. Non credo nei segni, non credo nel destino e non si può certo dire che io abbia fede. Ma mi ha dato speranza, e non so perché. Un abbraccio gigante e a presto,

Chiara, Villa Lavinia.

Nessuna Categoria

Because MèNonnu

Ci sono storie che riassumono in sé le vicende ed i destini di un intero popolo. Storie così tipicamente meridionali che solo chi è “terrone” come me può capirle a pieno, coglierne i significati profondi, restarne coinvolto e lasciarsi emozionare.

Il protagonista del racconto di oggi è Michael, 21enne australiano, fisico robusto di chi è in buona salute e sguardo genuino d’altri tempi, di chi è riuscito a rimanere saldamente legato alle proprie buone radici. E un non so che di familiare, nonostante arrivi dall’altra parte del mondo. E’ qui con la madre, per una tappa reggina di due giorni nel loro bel viaggio alla scoperta del Sud Italia.

Li accolgo due giorni fa, in un venerdì pomeriggio di fine estate e, dispiegando la cartina, inizio ad illustrare i principali punti di interesse della mia città. Mi interrompe: “Excuse me – dice – there is some way to visit Aspromonte?” Mi fermo a riflettere un attimo alla ricerca di soluzioni: l’Aspromonte non è, purtroppo, ben collegato, ed è difficile visitarlo quando non si dispone di mezzi propri. Vedendomi pensierosa, aggiunge: “I would like to visit Aspromonte because MENONNU was from Oppido Mamertina”. In un attimo, quel non so che di familiare mi diventa subito chiaro: Michael è uno di noi, figlio e nipote di questa terra e della sue diaspore. Michael è una pagina della nostra storia.

Lo guardo negli occhi, lo vedo commosso, e come lui la madre. La loro emozione diventa la mia. Ci penso un attimo: sono stanca, è stata un’estate lunga e faticosa, ho sonno arretrato e bisogno di riposo. Solo un attimo: Al diavolo! dico tra me – e poi, a voce alta ” Non c’è un modo agevole per arrivare a Oppido ma, se volete, vi ci porto io! Il mio compagno insegna lì e la conosce bene, ci potrebbe accompagnare. Potremmo andare domenica mattina, che ne dite?” La gioia nei loro occhi ha risposto per loro. Da buon nipote di un emigrante aspromontano, inoltre, Michael suona benissimo l’organetto. “I know your music, i SONU ORGANETTU” mi dice. Spiego loro che quello non è un venerdì qualunque: è la vigilia di Festa di Madonna, la nostra festa patronale, la celebrazione più importante dell’anno. Quella che risveglia le nostre tradizioni e le fa esplodere in modo spontaneo e potente per le vie della città. Dalla religiosità popolare, al cibo, alla musica: Michael aveva un’occasione unica per vedere finalmente con i propri occhi quel mondo arcaico e lontano del quale aveva a lungo sentito parlare.

Incontro nuovamente la madre ieri mattina a colazione. Mi saluta con un sorriso, mi mostra un video girato con il telefono la sera prima. Michael è in una via del centro, ha un organetto in mano, lo suona ed è bravissimo. Accanto a lui, altri suonatori con la lira, la chitarra, il tamburello. La gente osserva e applaude con convinzione, qualcuno balla.

…ed io adesso continuerei a parlare per ore della potenza di questa storia e delle emozioni che ha scatenato. Ma devo fermarmi qui: è domenica mattina e ho un impegno importante, in un piccolo comune dell’Aspromonte tirrenico ad un’oretta di macchina da qui. Un paese ormai svuotato, quasi totalmente, da un’emigrazione secolare che non conosce fine. E che rimane però incredibilmente vivo nella memoria e nei sogni dei suoi molti, moltissimi nipoti lontani.