suggestioni

Se un pomeriggio d’estate un viaggiatore

Noi di Villa Lavinia amiamo la letteratura.

I libri, i racconti, la narrativa, sono aria per la mente e cibo per l’anima. Alla fine di ogni giornata, arriva un momento in cui nulla può far stare bene quanto sedersi in un angolino tranquillo, sorseggiare una bibita o un bicchiere di vino e intraprendere una nuova lettura – o proseguirne una già iniziata.

È esattamente a questo che ci siamo ispirati quando abbiamo deciso di allestire, ad uso esclusivo delle camere con balconcino, questo nuovo spazio, questo “angolo del lettore”. E il nostro desiderio è che lo si utilizzi così, che molti libri vengano letti – e molti bicchieri di buon vino sorseggiati – su quel tavolino.

Si dice che leggere è come viaggiare: chi legge in viaggio… viaggia due volte!

Diario

Il regalo più bello del mondo

Il regalo più bello del mondo è quello che facciamo all’insaputa di colui, o colei, che ne beneficerà.

Chi non sa di aver ricevuto un regalo non si sente obbligato, riconoscente, in dovere di ricambiare. Non gli facciamo avvertire il peso, di questo regalo, il prezzo – alto, a volte – che abbiamo pagato. Un regalo discreto, invisibile, nascosto lascia l’altra persona completamente libera. Esiste una forma di amore più alta di questa?

Il regalo più bello del mondo ci dà l’intima soddisfazione di essere gli unici a conoscere il segreto della gioia di un’altra persona.

Da oggi, uno di questi segreti lo custodisco anche io. È il regalo che una madre ha fatto al proprio figlio, affinché crescesse sereno e diventasse una bella persona – e il figlio è, oggi, una persona meravigliosa.

Il regalo più bello del mondo è questa splendida orchidea. L’ho ricevuta stamattina, ed è la più preziosa tra tutte le piante che ho.

Diario

B&b con giardino!

Sarà la sensazione di pace e di tranquillità che si respira ad ogni ora del giorno e della notte, sarà quella atmosfera familiare ed un po’ vintage che ti riporta con la mente ai tempi in cui il luogo d’incontro non era un social network, ma la piazza o la soglia di casa; sarà la fresca brezza che supera il muro di cinta, accarezza le foglie e si insinua tra gli scalini per arrivare fino a te, allietando anche le più afose giornate estive… Saranno le surfinie, scatenatesi in un’esplosione di fiori e di colori… Non lo so cos’altro!

Saranno tutte queste cose, e forse qualche altra cosa ancora, ma… nel giardino di Villa Lavinia si fa amicizia. Ci si incrocia, ci si sorride, ci si conosce. Non solo con i proprietari (che, a dire il vero, non aspettano altro…) ma anche con gli altri ospiti, con i viaggiatori la cui permanenza qui coincide casualmente con la tua.

Davvero non so quante volte mi sarà capitato di invitare gli ospiti ad accomodarsi in giardino affinché attendessero piacevolmente che io effettuassi la registrazione o preparassi loro un caffè, e sentire dopo pochi secondi dei saluti garbati, che diventavano chiacchiere in piena regola appena qualche minuto dopo, e poi in seguito divertite risate.

L’ultima volta, ieri mattina: due bellissime famiglie sono arrivate intorno alle 11, a poca distanza l’una dall’altra. Essendo troppo presto per effettuare il check-in, li ho invitati – separatamente, essendo estranei fra di loro – ad accomodarsi in giardino per una decina di minuti, il tempo necessario per ultimare la preparazione delle loro camere. In realtà, poi abbiamo messo il turbo (far attendere gli ospiti è sempre qualcosa che ci dà un po’ di ansia…) e di minuti ce ne sono voluti cinque. Sono allora andata ad annunciare, fiera e con soddisfazione, che le camere erano prontissime e… i miei ospiti, diventati nel frattempo amiconi, hanno interrotto i loro discorsi per ringraziarmi con gentilezza e poi… sono rimasti in giardino a chiacchierare per altre due ore! Quando ho consegnato loro le camere, mancavano solo pochi minuti all’una!

È superfluo dire quanto siamo contenti che ciò accada: abbiamo speso, negli anni, molte energie per creare un luogo che fosse accogliente ed ospitale, in cui si respirasse serenità e ci si sentisse a casa. Quando ci vediamo circondate da sorrisi e buonumore, pensiamo di aver fatto gol, e ci godiamo il momento.

A volte, addirittura, nel giardino di Villa Lavinia accadono miracoli: succede quando la disposizione d’animo è così serena, e la voglia di socializzare così tanta che… il fattore linguistico diventa assolutamente secondario! Un pomeriggio di poche settimane fa, mentre svolgevo il mio lavoro d’ufficio, ho iniziato a sentire, dal giardino, un chiacchiericcio che pian piano si faceva più convinto, più intenso, più forte ed allegro. Quale lingua si parlasse… beh, non posso assolutamente dirlo! Era una lingua strana e straniera, ma allo stesso tempo incredibilmente familiare. Meglio, erano molte lingue in una, lingue di persone provenienti da diversi paesi molto distanti fra loro che, senza conoscere alcuna lingua diversa dalla propria, stavano comunicando perfettamente.

A Villa Lavinia era nato, spontaneamente, l’Esperanto!

suggestioni

Fatti di vento, di terra, di mare

Il vento è come il viaggio. Travalica i confini, si sposta nello spazio, mette in contatto luoghi e culture diverse, sospinto da una forza che, lungi dall’esaurirsi, si trasformerà, dando origine ad altri spostamenti, ad un vento di tipo nuovo.

Il vento è assenza di confine ed è, per questo, libertà.

Nel nostro piccolo angolino di mondo, il signore incontrastato dei venti è, senza dubbio, lo Scirocco. Questo vento caldo di sud-est, che spira forte per tre giorni e annebbia il cielo con la terra rossa del Sahara, ha talvolta una forza devastante; in ogni caso, influisce sulle nostre esistenze, condiziona i nostri umori, con la calura che invita all’inedia e la polvere che offusca la vista e intorpidisce i pensieri.

Lo Scirocco è una mentalità, uno stile di vita, una cultura che spiega bene, a chi vuol vedere, che la vera nazione a cui apparteniamo è più vasta ed è trasversale. Si chiama Mediterraneo e riunisce un’infinità di sponde. È una nazione di naviganti, di giramondo, di curiosi, una nazione basata sul vento e sulle correnti. Il nostro eroe si chiama Ulisse: con il più emblematico dei viaggi, diede voce alla nostra inquietudine.

“Lo Scirocco brucia le piante più del sole” dice Zenon, giardiniere che occasionalmente mi aiuta a curare il verde della Villa. Cittadino polacco, vive qui da molti anni, e il suo viaggio ha seguito le rotte della Tramontana. Forse è per questo che ancora non si è abituato alla potenza del nostro signore dei Venti, e prosegue una battaglia che lo rende, ai miei occhi, un personaggio letterario, un tipo da romanzo: un Don Chisciotte contemporaneo, che bypassa i mulini per prendersela direttamente con il vento.

Noi, invece, sappiamo bene che quando Scirocco soffia non c’è nulla da fare, se non assecondarlo, restare in balìa del vento e dei nostri umori, aspettando che passi.

Si chiama resilienza e nessuno ha mai detto che sia facile.

Storia

La nostra storia, Conclusione: un ricordo, un nome, un’anima

(…segue). Nonna Lavinia… beh, con lei il ricordo si fa talmente vivido e forte, intimo e potente, da non poter essere raccontato. Basti dire che abbiamo deciso, da subito e senza dubbio alcuno, di intitolarle questa villa, questa nostra dimora rinnovata. Perché nonna è stata per tutti noi, da sempre e in ogni momento, la cura, l’accoglienza e la dolcezza, l’affetto dimostrato con le piccole cose e i piccoli gesti di inestimabile valore. Da questo luogo, magico per noi, proviamo a restituire, almeno in parte, quanto ci è stato negli anni donato. Grazie.

 

Storia

La nostra storia parte V: Tia Ana

(…segue) Zia Anna, cagionevole di salute e debole di cuore, trasse dall’intelletto tutta la forza che il fisico non riusciva a darle. Si laureò in lettere classiche e diventò, negli anni ’50, una delle prime insegnanti donne della città.

 

È stata lei ad introdurmi al mondo meraviglioso della lettura, delle fiabe, dei racconti, facendo viaggiare a lungo la mia fantasia di bambina in ore e ore vissute insieme su un letto dal quale a fatica riusciva ad alzarsi. Morì poco prima che io compissi tre anni, la ricordo ancora perfettamente. (Continua…)

folklore e tradizioni

Calabria e tradizioni: ‘u Giganti e ‘a Gigantissa

La Calabria è, alle volte, un regno magico, capace di stupirti, di rapirti e di stregarti con il fascino e la potenza delle sue tradizioni popolari. La Calabria è terra d’incanto, terra misteriosa, in cui il folklore è vivo ed è capace, ancora oggi, di raccontare le storie di noi calabresi, di dare voce alla nostra anima.

Tra i tanti personaggi che animano le nostre feste popolari, quelli ai quali sono più legata, quelli che sono ancora capaci di suscitare in me lo stesso stupore di quando, ancora bambina, li vidi per la prima volta, sono forse i due giganti. Con la lingua madre di ogni tradizione – e cioè il nostro meraviglioso dialetto – li chiamiamo ‘u Giganti e ‘a Gigantissa.

Ogni qualvolta riesco a recarmi nei paesini della provincia tirrenica, ma non solo, per assistere alle feste popolari che tanto adoro, aspetto con ansia la loro apparizione. E poi puntualmente li vedo ergersi, danzanti e fieri, a un lato della piazza, per conquistare con il loro ballo coinvolgente il centro del palco e l’attenzione di tutti i presenti. Enormi pupazzi di cartapesta, ‘u Giganti e ‘a Gigantissa raffigurano i mitici protagonisti di un’antica leggenda popolare – il moro Grifone e la calabrese Mata – che trae origine dal contatto con la cultura catalana e risale perciò al periodo della dominazione spagnola.

Ancora oggi, dopo molti secoli, gli enormi pupazzi presiedono le nostre cerimonie come austeri e sublimi garanti, per condurre poi le danze con il loro tipico passo che ha in sé un qualcosa di inquietante eppure di fortemente attrattivo. Le loro lunghe braccia di pezza si tendono e di sollevano durante le giravolte per poi ricadere lungo i fianchi non appena i giganti interrompono la loro rotazione. Seguendo il ritmo incalzante dei tamburi, le statue avanzano e indietreggiano, si allontanano per riavvicinarsi subito dopo in un ballo arcaico che si ripete ancora oggi, a testimonianza e memoria di un corteggiamento esemplare.

Grifone, saraceno, Mata, calabrese: questa coppia leggendaria ci permise un tempo di esorcizzare la paura per il conquistatore straniero, sancendo un’unione allo stesso tempo simbolica tra due persone ed effettiva tra due mondi.

Da allora è passato tanto tempo e sono cambiate molte cose, ma i nostri Giganti sono troppo belli, maestosi e fieri per finire in un museo, luogo in cui tra l’altro non si festeggia mai nulla e soprattutto non si suonano i tamburi e non si balla. Che continuino allora il loro corteggiamento secolare, tra di noi e nelle nostre piazze.

Perché la Calabria è anche questo: è terra in cui, sullo sfondo di un tempo che scorre inesorabile modificando sensibilmente ogni cosa, per certi versi sembra che in fondo si ripeta sempre la stessa storia.

Diario

Della Calabria, del cibo e del mare

Non c’è niente da fare: la domenica è fatta per mangiare e noi calabresi questo concetto ce lo abbiamo inscritto nel dna.

Il caldo secco e deciso di questa domenica di inizio giugno mi riporta con la mente a quando, ancora bambina, si aspettava la domenica per andare a mare con tutta la famiglia. Nonostante io adorassi il mare (e lo adoro tuttora) era veramente una tortura, e i miei concittadini capiranno sicuramente il perché.

Tra la preparazione del pranzo, dei panini, delle borse frigo non si arrivava mai in spiaggia prima delle 11:30; i primi 20 minuti si impiegavano per… montare l’accampamento, dopodiché… un bagnetto veloce e poi subito a mangiare sotto l’ombrellone, perché “troppo sole fa male e poi il mare fa venir fame!”. Tanto era solo uno “spuntino”: insalata di riso, pasta fredda, gateaux, panini con la parmigiana… solo uno spuntino.

Risultato: per poter finalmente rientrare in acqua bisognava aspettare almeno 3 ore. Era una pena vedere le spiagge piene di bambini sconsolati e frementi, che desideravano l’acqua con la stessa forza con cui la sirenetta aveva agognato, invece, la terraferma.

“Posso entrare?” “…e ora?” “…e ora?” “…posso entrare fino alle caviglie?” “Posso entrare fino alle ginocchia?”, una scena pietosa. E io tutta questa sofferenza la ricordo bene, e ancora oggi, dopo tanti anni, me la porto dentro.

Perciò, in questa bellissima e caldissima domenica di inizio giugno, ho inconsciamente deciso di vendicarmi sui miei ospiti, preparando questa esageratissima e pantagruelica colazione! Dovranno attendere almeno 6 ore prima di entrare in acqua, perciò, se per caso hanno intenzione di andare a mare… beh, tanto vale cambiare programma!

Buonissima domenica a tutte/i voi, di mare o di abbuffate, mi raccomando, o l’una o l’altra cosa però, che a volerle fare entrambe poi si soffre… ah, se si soffre!!!

Ps: In effetti non era poi questa grande tragedia… forse, oltre alle abbuffate domenicali, noi calabresi abbiamo inscritta nel dna anche l’esagerazione 😉 Ciao!

Diario

Gli, e le, ospiti migliori del mondo!

Noi di Villa Lavinia adoriamo i bambini. Care mamme e cari papà, non ve la prendete, non ne abbiate a male ma… i piccoli viaggiatori, le turiste in miniatura, i cuccioli di vacanzieri sono decisamente la nostra clientela preferita. E per diverse ragioni!

Innanzitutto, amano i dettagli:i bimbi e le bimbe si accorgono subito, ad esempio, che il tavolo su cui stanno facendo colazione è in realtà una vecchia porta, e che il portatovaglioli è fatto con vecchi fogli di giornale riciclati. E non possono farne a meno: quello che noi giudichiamo simpatico, curioso, al massimo originale, per loro è davvero una cosa forte, di primaria importanza, che va sottolineata e della quale si deve parlare!

È così: i bimbi e le bimbe sono naturalmente propensi al dettaglio, inclini a godere delle piccole cose. Tutte/i loro, ad esempio, adorano il profumo della nostra lavanda. Non appena lo scoprono, gli si apre un mondo: ci chiedono di aiutarli a creare mazzetti di fiori per le loro mamme, permettendoci in cambio di essere partecipi della loro meraviglia.

Per le bimbe e i bimbi, noi siamo subito “di famiglia”. Loro non vanno in un affittacamere, non prenotano un room and breakfast: loro vengono a casa tua, come se fossero in visita ad un lontano parente, una cugina, una zia. E, per ricambiare l’ospitalità, ti vogliono aiutare. Ad annaffiare le piante, a preparare il caffè, a sparecchiare quei tavoli… che una volta erano delle porte.

I bimbi e le bimbe ti vogliono bene, e vogliono che tu vada con loro al mare, in montagna, al parco, al ristorante. E ci rimangono anche un po’ male quando scoprono che purtroppo non è possibile, ma per fortuna hanno tante risorse e quindi poi gli passa. Ma ti vogliono bene davvero: vogliono che tu parta con loro, che li vada a trovare a casa nelle loro città; danno sempre per scontato insomma che ci si rivedrà, un giorno o l’altro, da qualche parte.

Le bimbe e i bimbi, prima di partire fanno sempre dei regali. Vogliono che rimanga una traccia del loro passaggio in questa strana casa dove c’è tanta gente e dove i tavoli erano… indovinate un po’? …delle vecchie porte. E allora ti fanno dono di una di quelle.. piccole cose di fondamentale importanza che riempiono di meraviglia il loro fantastico piccolo mondo: un disegno, una farfalla origami, un fiore, un biscotto, un bigliettino sul quale c’è scritto (nella realtà o nelle intenzioni…) il tuo nome, e disegnato (nella realtà o nelle intenzioni…) quasi sempre un cuore.

E noi li conserviamo tutti, come conserviamo lucidissimo il ricordo di tutte/i le/i piccole/i ospiti che ci sono venute/i a trovare.

Il post di oggi lo dedichiamo a tutte/i le bimbe e i bimbi che abbiamo avuto il piacere di ospitare, e anche… a qualche ospite un po’ cresciuto/a che.. ha conservato ancora intatta, nell’animo, la propria fanciullezza!

 

Storia

La nostra storia parte IV: I moti di Reggio; Tia Pina se fué p’al norte

(…segue). E arrivarono poi gli anni ’70, e di nuovo questa città e questo quartiere si trovarono drammaticamente coinvolti in una storia più grande. Gli avvenimenti noti come “moti di Reggio” sono estremamente complessi da raccontare e la loro interpretazione è ancora controversa. In seguito ad un periodo di intense proteste popolari e alla decisione del governo centrale di sedare le rivolte inviando l’esercito, fu di nuovo guerra.

Il quartiere in cui ora ci troviamo fu uno dei più coinvolti: coprifuoco, barricate, camionette militari e carri armati segnavano il passare dei giorni. In quei mesi di pura follia, il rione insorse e proclamò la nascita di due Repubbliche Autonome: la Repubblica di Sbarre, nera, e la Repubblica dei Ferrovieri, rossa.

La guerriglia non durò molto e, pur lasciando ferite indelebili in questa città, si poté tornare alla normalità. Zia Pina, stabilitasi nel frattempo a Roma, scrisse in tal modo una pagina di un’altra storia tipicamente nostrana: storia di emigrazione, di distacco, di viaggi in cerca di fortuna, di nostalgie perenni e nessun ritorno. (Continua…)