folklore e tradizioni

Calabria e tradizioni: ‘u Giganti e ‘a Gigantissa

La Calabria è, alle volte, un regno magico, capace di stupirti, di rapirti e di stregarti con il fascino e la potenza delle sue tradizioni popolari. La Calabria è terra d’incanto, terra misteriosa, in cui il folklore è vivo ed è capace, ancora oggi, di raccontare le storie di noi calabresi, di dare voce alla nostra anima.

Tra i tanti personaggi che animano le nostre feste popolari, quelli ai quali sono più legata, quelli che sono ancora capaci di suscitare in me lo stesso stupore di quando, ancora bambina, li vidi per la prima volta, sono forse i due giganti. Con la lingua madre di ogni tradizione – e cioè il nostro meraviglioso dialetto – li chiamiamo ‘u Giganti e ‘a Gigantissa.

Ogni qualvolta riesco a recarmi nei paesini della provincia tirrenica, ma non solo, per assistere alle feste popolari che tanto adoro, aspetto con ansia la loro apparizione. E poi puntualmente li vedo ergersi, danzanti e fieri, a un lato della piazza, per conquistare con il loro ballo coinvolgente il centro del palco e l’attenzione di tutti i presenti. Enormi pupazzi di cartapesta, ‘u Giganti e ‘a Gigantissa raffigurano i mitici protagonisti di un’antica leggenda popolare – il moro Grifone e la calabrese Mata – che trae origine dal contatto con la cultura catalana e risale perciò al periodo della dominazione spagnola.

Ancora oggi, dopo molti secoli, gli enormi pupazzi presiedono le nostre cerimonie come austeri e sublimi garanti, per condurre poi le danze con il loro tipico passo che ha in sé un qualcosa di inquietante eppure di fortemente attrattivo. Le loro lunghe braccia di pezza si tendono e di sollevano durante le giravolte per poi ricadere lungo i fianchi non appena i giganti interrompono la loro rotazione. Seguendo il ritmo incalzante dei tamburi, le statue avanzano e indietreggiano, si allontanano per riavvicinarsi subito dopo in un ballo arcaico che si ripete ancora oggi, a testimonianza e memoria di un corteggiamento esemplare.

Grifone, saraceno, Mata, calabrese: questa coppia leggendaria ci permise un tempo di esorcizzare la paura per il conquistatore straniero, sancendo un’unione allo stesso tempo simbolica tra due persone ed effettiva tra due mondi.

Da allora è passato tanto tempo e sono cambiate molte cose, ma i nostri Giganti sono troppo belli, maestosi e fieri per finire in un museo, luogo in cui tra l’altro non si festeggia mai nulla e soprattutto non si suonano i tamburi e non si balla. Che continuino allora il loro corteggiamento secolare, tra di noi e nelle nostre piazze.

Perché la Calabria è anche questo: è terra in cui, sullo sfondo di un tempo che scorre inesorabile modificando sensibilmente ogni cosa, per certi versi sembra che in fondo si ripeta sempre la stessa storia.

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